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I segreti per una cottura ottimale della pasta

I segreti per una cottura ottimale della pasta I segreti per una cottura ottimale della pasta non risiedono soltanto nella scelta delle materie prime, nell’impasto e nella tecnologia, ma anche nel rispetto di alcune semplici regole di cottura.

– Utilizzare almeno 1 litro di acqua per ogni 100 g di pasta. Inoltre, scegliete sempre una pentola piuttosto grande e alta: in questo modo la temperatura dell’acqua si manterrà costante e si eviterà la formazione di colla.

– Al raggiungimento del pieno bollore (mai prima) salate l’acqua (circa 10 g, pari a 1 cucchiaiano, per ogni 100 g di pasta) e lasciate sciogliere il sale.

– Gettate la pasta solo quando l’acqua ha ripreso a bollire. Poiché la pasta provoca un abbassamento della temperatura dell’acqua, alzate la fiamma per mantenere il bollore.

– La pasta lunga va allargata a ventaglio e mai spezzata; i formati di pasta corta vanno tuffati a pioggia per evitare che si ammassino sul fondo della pentola: la pasta a matassine, infine, va immersa in acqua e subito dipanata con l’aiuto di un forchettone.

– Mescolate delicatamente la pasta, di frequente per i primi minuti affinché non si incolli.

– Scolate la pasta al dente, risulterà più buona e più facile da digerire. Ogni formato di pasta ha i suoi tempi di cottura.

Se la ricetta prevede che la pasta sia fatta saltare in padella, scolatela con uno o due minuti di anticipo e terminate la cottura, con il sugo che avrete preparato, a fuoco vivo.

Vi sono serviti questi segreti per una cottura ottimale della pasta? Fatemi sapere!!

I Carciofi

DSC00705.JPG I carciofi sono infiorescenze, di cui si mangia la base, compreso il gambo, e la parte carnosa delle foglie, dette brattee. Le varietà differiscono per il colore, verde o violetto e per la presenza o meno di spine. Tra le varietà invernali locali si riconoscono quelli appuntiti e con le spine: il Sardo, il Violetto di Palermo, lo Spinoso di Liguria detto anche “riviera”, precoci, teneri e adatti per essere consumati crudi. Senza spine si ricordano: il Romanesco e il Violetto di Catania e di Provenza.
Al momento dell’acquisto devono essere sodi, con gambo grosso e rigido, di colore verde brillante ed avere le brattee lucide e turgide, ben aderenti l’una all’altra, tutte compatte e non ammaccate.
E’ meglio comprarli non puliti e, volendo, il tempo di conservazione varia dai tre ai quattro giorni, bisognerà però, tenerli con il gambo immerso
in acqua fredda come se si trattasse di un fiore; se messi in frigo, avvolti in un panno umido, si conservano per una settimana. E’ possibile surgelarli, tagliati a piccoli pezzi, crudi o già cotti, durano massimo sei mesi. Prima di procedere alla cottura sarà bene pulirli tagliando il gambo e lasciandone attaccata una piccola parte, si dovranno eliminare le foglie esterne più dure e appassite, spuntare le punte, togliere la peluria interna (il cosiddetto “fieno”) e metterli a spicchi in acqua acidulata con succo di limone. L’acido citrico e la vitamina C presenti nel limone ne impediscono infatti l’imbrunimento. In cucina impreziosiscono il pranzo più semplice, facili e poco costosi si gustano cotti o crudi, ripieni, fritti, stufati, lessati al vapore o in padella.
Insaporiscono i risotti, danno una marcia in più alle lasagne e, mescolati a erbe e spezie, diventano zuppe sopraffine. Se abbinate questi inconfondibili ortaggi con le carni o le patate, oppure li ordinate a fettine sulla pizza o, ancora, li usate come ripieni di carne e pesce, vi sorprenderanno per la squisitezza del sapore. Vi consiglio penne al dente saltate in padella con carciofi cotti in olio ed evaporati col vino bianco. Spolverizzate con gherigli di noci tostate e prezzemolo tritato. Per un piatto da gran galà, cospargete scaglie di tartufo nero che si sposa a meraviglia con il caratteristico sapore del carciofo.

Lievito di birra

Il lievito è costituito da microrganismi che presiedono ai processi di fermentazione e si trovano ovunque: nell’aria, nell’acqua, e in molti altri elementi.E’ presente anche in natura come muffa. Il lievito si usa per rendere soffice e più leggera la pasta. In origine si trattava di una pasta inacidita in cui i fermenti si sviluppavano spontaneamente . Solo più tardi essi vennero coltivati, come come si fa ora per quelli del vino, della birra e dell’alcool. Il cosidetto lievito di birra che si usa in cucina è una massa piuttosto friabile, che tiene compresse le cellule dei fermenti, di color giallo brunastro. In commercio si trova in blocchetti da 25/40 gr. La forza lievitante dei fermenti così trattati rimane costante, a differenza di quelli spontanei. Far lievitare bene la pasta può essere difficile, tuttavia bisogna pensare che il lievito non è altro che un organismo viviente che può crescere e svilupparsi, solo in un ambiente non ostile.I fermenti hanno bisogno infatti di nutrimento, umidità, aria e calore. Tutto ciò si lo trovano nella pasta. La farina contiene infatti albume, un pò di grasso e molti amidi che si trasformano, a contatto con le cellule del lievito, in glucosio (che è uno zucchero): e lo zucchero è il nutrimento principale del lievito. Comunque bisogna aiutare questo processo aggiungendo un pò di zucchero alla pasta lievitata, dato che la farina bianca ne contine poco. L’umidità, altro elemento necessario allo sviluppo dei fermenti, è data dall’aggiunta di latte o acqua, ed è necessaria per l’utilizzazione delle sostanze nutritive della farina. Il calore dà il via al processo della lievitazione, per cui occorre che tutti gli ingredienti siano a temperatura ambiente, superiore alla media. Questo accade al secondo stadio. Ben presto questi fermenti si moltiplicano sfrenatamente e, come la temperatura aumenta, possono vivere senza ossigeno e iniziare la produzione di zuccheri. Scindono gli zuccheri già esistenti in due sostanze: alccol e ossido o acido di carbonio. Questo ultimo gas è il fattore principale che rende soffice la pasta, perchè si raccoglie in piccole bollicine all’interno della pasta e viene cotto insieme con essa. nvece l’alcool è ciò che conferisce alla pasta lievitata il suo tipico sapore. I nemici principali del lievito sono: calore eccessivo, grasso e sale.

Strutto

Lo strutto è un condimento largamente usato in passato soprattutto per friggere; attualmente è meno apprezzato, perche si preferisce usare l’olio di semi che non schizza e scurisce meno facilmente. Talvolta si usa lo strutto anche in pasticceria al psoto del burro o della margarina. rispetto ai quali mantiene la pasta più a lungo morbida e umida. Per la produzione dello strutto (detto anche sugna), si usano i tessuti adiposi del maiale, che vengono fusi a bassa temperatura, quindi filtrati. Raffreddandosi il grasso si solidifica, ma la sua maggiore o minore consistenza dipende dal mangine somministrato ai maiali e dalle parti adipose usate. Lo strutto deve essere cinservato in luogo fresco, asciutto e buio; se lo metterete nella vaschetta del burro nel frigorifero si maneterrà buono a lungo.Nei paesi nordici si trovano in commercio grassi analoghi allo strutto ricavati dalle anitre e dalle oche ingrassate negli allevamenti. tali grassi, però, a meno che sia specificato l’uso di particolari ricette, non sono consigliabili per friggere, per via del loro spiccato sapore.

Cialde

DSC09265.JPG Le cialde, o ostie che dir si voglia, sono fatte di un impasto di farina senza senza aggiunta di lievito. Vengono fatte cuocere a calore moderatissimo, in modo che restino bianche, fra due ferri caldi e quindi tagliate in forma quadrata o rotonda. Servono principalmente come supporto per amaretti, panforti, torroni, dolci al miele, preparazioni al marzapane, ecc. Nell’uso domestico le cialde evitano che il dolce si bruci sul fondo, ne migliorano l’aspetto e ne rendono pratica la presentazione.