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Cottura dei dolci

gallery_52_573_137253[1].jpg Quando è cotto un dolce? Ai cuochi e pasticcieri esperti basta toccarlo con un dito per capire se è pronto o no. Ma per chi è alla prime armi questo sitema è troppo rischioso.E allora è meglio affidarsi alla vecchia e sempre valida prova dello stecchino, che si deve infilare nella parte più alta e più chiara del dolce: se, quando lo si estrae, son rimaste attaccate al legno delle particelle di pasta crude, il dolce sicuramente non è cotto del tutto. Infatti, a cottura completa lo stecchino deve uscire completamente asciutto. Per le torte alla frutta lo stecchino può restare umido, ma in nessun caso deve avere attaccate tracce di pasta. Per dolcini o biscotti si può guardare se son leggermente coloriti sopra e sotto, e se si staccano facilmente dalla teglia. Per i panforti e i dolci al miele, di colore scuro, occorrerebbe rivoltarli brevemente: se presentano delle piccole bolle sulla parte inferire vuol dire che sono pronti. Per quei tipi di dolci che hanno un’alta percentuale di zucchero, non bisogna lascairsi ingannare dalla superficie più scusa, perchè il calore di zucchero tende a caramellarsi e conferisce la caratteristica “coloritura” alla superficie del dolce. Per vedere com’è dentro bisogna ancora ricorrere alla prova dello stecchino.

Consiglio importante: quando si tratta di paste delicate come la biscuit, la meringa, la pasta sfoglia e soprattutto le paste lievitate, non si deve aprire il forno prima che sia trascorso almeno la metà del tempo consigliato per la cottura. Altrimenti il dolce “si adagia” e non si gonfia più.

Curcuma

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Dalle radici della pianta della curcuma si ottengono due diverse sotanze: una polvere colorante e aromatizzante di color giallo intenso o arancio e una fecola, di puri idrati di carbonio, che trova impiego in cucina per legare creme o preparazioni a base di latte, o anche miscelata con la normale farina. La polvere gialla, invece, detta zenzero giallo o zafferano indiano, ha un profumo simile allo zenzero, ma più aspro e leggermente amaro: si usa come aromatizzante e colorante per preparazioni piaccanti a base di uova e per marinate.. E’ inoltre uno degli ingredienti del curry e della mostarda di senape, I monaci dell’Asia usano invece la polvere di curcuma per tingere le loro tuniche, che sono appunto color giallo zafferano carico.

 

 

Foto presa dal web

Cuvée

Con questo nome si intende una determinata mescolanza di diversi vini che permette al produttore di spumanti di ottenere un prodotto di qualità costante, indipendentemente dall’annata. Questa parola ha, però, anche un altro significato:cuvée si chiama anche il mosto che fluisce dopo la prima spremitura delle uve. Da questo si ottiene il migliore vino che sarà poi impiegato per la preparazione dello spumante.

Degustazione – Decantare

degustazione.jpg La degustazione è’ l’arte di assaggiare il vino, assaporandolo con lentenzza a piccoli sorsi e tenendolo a lungo in bocca, per poterne stabilire le caratteristiche e il tipo.
Con la degustazione, gli esperti assaggiatori di vini (si tratta di una professione vera e propria) sono in grado di riconoscere oltre alla qualità e alle carattedristiche anche l’età di qualsiasi vino.

decantare.jpg Decantare:è un’operazione che consiste nel trasferire un vino dalla bottiglia d’origine a un altro recipiente – che può essere una caraffa o un’altra bottiglia – prima di servirlo. Ciò permette di separare il vino dagli eventuali sedimenti e renderlo limpido. Questo procedimento non è necessario, normalmente, per i vini bianchi o rossi che abbiano meno di cinque anni d’invecchiamento, mentre certi vini vecchi di Borgogna o del Rodano migliorano notevolemnte se vengono decantati, possibilmente un paio d’ore prima del servizio e meglio ancora se in cantina. Ecco come va eseguita l’operazione: si adagia la bottiglia con tutte le cure nella “culla”,* poi si versa lentamente il vino nella caraffa, davanti ad una candela o ad una lampada accesa, in modo che ci si possa accorgere subito della comparsa del sedimento, arresstando così il travaso al momento giusto.

* Culla: con questo nome molto appropriato s’intende un cestino di paglia o vimini fatto per servire in tavola il vino in posizione inclinata quasi orizzontale – cioè la stessa che il vino aveva in cantina – senza che venga smosso il sedimento. E’ indispennsabile per servire vini rossi vecchi mentre è del tutto inutile per vini giovani che non hanno affatto sedimento.

Foto prese dal web

Differenza tra cime di rapa e friarelli

La differenza tra le “cime di rapa” e i “friarelli” può variare a seconda della regione e della tradizione culinaria, ma in generale:

Le Cime di rapa (Broccoli di rapa): sono caratterizzate da foglie più grandi e più coriacee rispetto ai friarelli. I fiori delle cime di rapa sono più piccoli e possono essere gialli o bianchi. Hanno un sapore leggermente amaro e sono spesso utilizzate in piatti come le “Orecchiette alle cime di rapa”.

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pasta e broccoli

I Friarelli: hanno foglie più tenere e fiori più grandi rispetto alle cime di rapa.

Hanno un sapore leggermente amaro, ma la dolcezza delle foglie può essere più accentuata rispetto alle cime di rapa.

In cucina, entrambi sono spesso utilizzati in insalate, contorni o piatti di pasta per aggiungere sapore e nutrienti.

Nutrienti: Entrambi sono ricchi di nutrienti come vitamine, minerali e antiossidanti. Sono una fonte di fibre e possono contribuire a una dieta equilibrata e salutare.

Tradizione culinaria: Sono spesso parte integrante di ricette tradizionali in molte regioni, e la loro inclusione può essere dettata dalla cultura e dalle abitudini alimentari locali.

Stagionalità: Poiché la disponibilità di questi ortaggi può variare a seconda della stagione, spesso vengono consumati quando sono freschi in autunno/inverno.

In generale, la scelta di mangiare cime di rapa o friarelli dipende dai gusti personali e dalle preferenze culinarie di chi li consuma.

E voi conoscevate la differenza tra le cime di rapa e friarelli?

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