Che da qualche anno a questa parte si stiano riscoprendo le produzioni tipiche di un territorio, è un fatto ormai quasi assodato. C’è chi lo fa come forma pubblicitaria per sponsorizzare una città, una zona di produzione, un consorzio o una filiera di aziende; c’è chi, invece, considera il valore della tradizione gastronomica locale, un patrimonio da difendere e da tutelare, perché parte della memoria storico-culturale di un popolo. Sia per l’una che per l’altra fattispecie, sono sorti negli ultimi anni i cosiddetti consorzi di tutela, con gli acronimi più vari, fra i quali spiccano gli IGT (indicazioni geografiche tipiche), i DOP (denominazioni d’origine protetta), i DOPG (denominazione d’origine protetta e garantita), solo per citarne alcuni, che si vanno ad affiancare ai tradizionali acronimi riservati per decenni ai vini (DOC, DOCG, IGT etc.). Una delle zone calabresi, in cui si è molto puntato alla valorizzazione del patrimonio gastronomico locale, è sicuramente la costa degli dei, in provincia di Vibo Valentia, di cui Tropea rappresenta la capitale turistica più rinomata. E’ di Tropea il primo prodotto della provincia vibonese ad aver avuto il riconoscimento IGP e di cui anche su questo blog si è tracciato un profilo. Mi riferisco ovviamente alla cipolla rossa del noto paese turistico. Insieme alla cipolla, anche la nduja, salame morbido e piccante ha come marchio l’IGP. Ed è di Spilinga (VV) il marchio tipico e la produzione originaria. Insomma, la provincia più piccola d’Italia dopo Aosta, ha inanellato in pochi anni il riconoscimento di due prodotti tipici d’eccellenza. Di seguito, una panoramica descrittiva della cucina tipica di questa zona, con piatti, pietanze, ricette e tanto altro che sicuramente riscontrerà il favore di chi andrà a conoscerli. Il link si aprirà cliccando qui.
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La marinatura
Oltre a condire e insaporire gli alimenti questo procedimento permette di cuocere carne e pesce tramite l’immersione in una soluzione a base di un ingrediente acido come aceto o limone. Per la marinatura è meglio non utilizzare contenitori in metallo, che potrebbero macchiarsi e rilasciare sostanze nocive, ma preferire, invece, piatti o ciotole in vetro, ceramica o plastica.
La pescatrice o coda di rospo
La pescatrice o coda di rospo è un pesce dalla forma allungata e appiattita. Ha una carne saporita e di facile digeribilità.
La rana pescatrice in genere viene venduta senza testa ma, per essere certi della freschezza bisognerebbe acquistarla intera.
Dal punto di vista culinario, la rana pescatrice è apprezzata per la sua carne soda e saporita, che si presta bene a varie preparazioni culinarie. Viene spesso cucinata al forno, alla griglia o in umido, e si abbina bene a una varietà di condimenti e salse. La sua carne è considerata una prelibatezza in molte cucine tradizionali, dove viene utilizzata per preparare piatti come zuppe di pesce, stufati e piatti principali di pesce.
foto presa dal web
La rana pescatrice abita le acque fredde e profonde dell’oceano, spesso trovata lungo i fondali sabbiosi o fangosi, dove si ciba di pesci più piccoli, crostacei e molluschi. È un predatore abile e opportunista, che riesce a cacciare anche prede più grandi grazie alla sua grande bocca e alla sua abilità nel mimetizzarsi nell’ambiente circostante.
Per pulire la rana pescatrice o coda di rospo basta tirare la pelle nella direzione della coda. Per togliere le pinne basta tagliarle con le forbici. La carne di colore rosato.
Una volta pulita basta lavarla bene sotto l’acqua corrente. Avvolta nella pellicola, si conserva per qualche giorno mentre per freezer per almeno tre mesi. Può essere preparata in moltissimi modi.
Lactarius deliciosus – rositi
Etimologia: dal latino deliciosus “delizioso” per il suo sapore ottimo. Fungo molto comune nei boschi di conifere, in particolare di pini e su terreni calcarei si trovano dal principio dell’estate al tardo autunno.
Lambrusco
Antico vitigno ad uva rossa diffuso in diverse zone dell’Emilia. L’uva di questo vitigno matura tra l’ultima decade di settembre e la prima di ottobre: i grappoli sono di un colore blu-nero, la polpa succosa è di sapore neutro tendente all’acidulo.
A seconda delle località in cui vengono prodotti, i vini prendono nomi diversi. I più noti e riconosciuti a D.O.C. sono il Lambrusco di Sorbara, quello di Grasparossa di Castelvetro, il Salamino di Santacroce e il Lambrusco reggiano. Sono vini frizzanti per rifermentazione naturale che si adattano anche a piatti tipici.
Foto presa dal web